Il 23 giugno 2021 si svolgerà, nella Sala “Giubileo” della Università Lumsa di Roma, in via di Porta Castello, 44, il Convegno “Dallo Statuto Albertino alla Costituzione repubblicana”, organizzato dalla Lumsa e dalla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice e strutturato su due sessioni. La sessione mattutina, dalle ore 9.30, vedrà la partecipazione di Francesco Bonini, Rettore della Lumsa, ordinario di Storia delle istituzioni politiche e presidente della sessione, Anna Gianna Manca, associata di Storia delle istituzioni politiche nella Università di Trento, Fabrizio Rossi del Senato della Repubblica, Gerardo Nicolosi, associato di Storia contemporanea nella Università di Siena, Paolo Colombo, ordinario di Storia delle istituzioni politiche nella Università Cattolica di Milano, Marco Maria Aterrano, ricercatore di Storia contemporanea nella Università di Messina, Vera Capperucci, ricercatrice di Storia contemporanea nella Luiss-Guido Carli di Roma e Luigi Ciaurro del Senato della Repubblica e docente Lumsa. La sessione pomeridiana, dalle ore 15.00, presieduta da Giuseppe Parlato, ordinario di Storia contemporanea nella Unint di Roma e presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, vedrà la partecipazione del Rettore della Lumsa Francesco Bonini, di Felice Giuffré, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico nella Università di Catania, Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea nella Luiss-Guido Carli di Roma, Nicola Lupo, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico nella Luiss-Guido Carli di Roma, Luigi Blanco, ordinario di Storia delle istituzioni politiche nella Università di Trento, Marco Olivetti, ordinario di Diritto costituzionale nella Lumsa di Roma, Antonella Meniconi, ordinario di Storia delle istituzioni politiche alla Sapienza di Roma, Solveig Cogliani, magistrato, consigliere della III Sez. del Consiglio di Stato, Antonio Varsori, ordinario di Storia delle relazioni internazionali nella Università di Padova, e Roberto Baratta, ordinario di diritto internazionale e di diritto dell’Unione europea nella Università di Roma Tre.
I lavori del Convegno, realizzato grazie al contributo concesso dalla Direzione generale Educazione, Ricerca e Istituti culturali, verranno trasmessi in streaming sui canali YouTube della Lumsa e della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.
PASTORI E AGRICOLTORI
I rapporti tra i pastori abruzzesi e gli agricoltori pugliesi erano spesso conflittuali, perché i loro interessi erano contrapposti: i pastori avevano bisogno di pascoli, mentre gli agricoltori di terre da mettere a cultura. Inoltre il conflitto era alimentato dalla Dogana (la Regia Dogana della mena delle Pecore, con sede a Lucera, un Ente istituito nel 1447 da Alfonso I di Aragona per gestire il complesso sistema della transumanza) che concedeva “privilegi” alla pastorizia transumante. Oltre al foro particolare, infatti, “ Nel Tavoliere lo stesso pane, lo stesso vino e lo stesso sale che i pastori compravano a prezzi fortemente agevolati dovevano essere pagati a tariffa intera dalle popolazioni locali” ( F. Mercurio , Agricoltore senza casa. Il sistema del lavoro migrante nelle maremme e nel latifondo in P. Bevilacqua ( a cura di), Storia dell’agricoltura italiana in età contemporanea, I, Spazi e paesaggi, Venezia 1989 p. 64). I locati, cioè i fittuari dei pascoli, “ franchi et immuni di tutte sorti di gabelle, datii, passi, ponti e schafe”, sono esenti anche da diritti proibitivi a vantaggio della feudalità locale, comprano il sale, un genere indispensabile per l’allevamento e la trasformazione del latte, a prezzo ridotto. Inoltre, i locati possono portare armi, provvedersi liberamente di “ legna, paglia, acqua e falascina per fare i pagliari in qualunque luogo stiano per essere cose necessarie non meno per il proprio uso, che per i capomandri […]”, usare l’acqua di “ qualsivoglia fiume o altra acqua” atta al bagno delle pecore, “nel tempo che si devono tosare”, “ non ostante che stia detta acqua dentro i demanii di qualsiasi barone”. Inoltre i locati non possono essere “ eseguiti per qualsiasi causa civile o criminale, anche per li pagamenti fiscali, negli animali di Dogana, ( A. Gaudiani, Notizie per il buon governo della Regia Dogana della Mena delle pecore di Puglia, ac. di P. Di Cicco, Foggia 1981, pp.317 322 e 323), ossia non possono subire il pignoramento degli animali che conducono in Puglia.
Il conflitto tra il pecoraio abruzzese e l’agricoltore pugliese era “strutturale” e molto profondo. A volte era talmente aspro che poteva sfociare in fatti di sangue; a volte, invece, era “sublimato” attraverso forme di satira popolare, come la seguente filastrocca:
Quannu lu pecurare va a la messa
Ci crede d’ purtà la morra ‘ppress!
Po’ ce’ vota ‘face ‘lu campanar:
che bella staccia ‘p fa’ lu pagliar.
Ci ficca dint’, vede l’autar:
che ‘bbella chianca p’ pesà lu sale.
( quando il pastore va a messa, pensa di portarsi anche il gregge! Poi si volta verso il campanile: che bel palo per fare il pagliaio. Poi entra in chiesa, vede l’altare: che bella pietra per pesare il sale.
Un’altra testimonianza dell’avversione dell’agricoltore , in questo caso lucano, verso il pecoraio abruzzese la troviamo in quest’altra filastrocca:
Abbrile mie curtese,
mprestame nu jurn’
de lo tu mese
pe’ fa murì li pécure
a lu ‘bbruzzese
Sull’altro fronte, quello abruzzese e pastorale, la pastorizia abruzzese da un lato viene considerata “un grande, pacifico, inoffensivo – e redditizio per lo Stato – gregge insidiato da numerosi e voraci lupi, reali e figurati”. “ Quel popolo sì mansueto ed umano- si legge in una memoria di fine Settecento- uguale in questa virtù alle pecore stesse” ( Ragioni per i locati della regio Dogana della Mena delle pec, s.l., n.d. Dall’altro, nella memorialistica di fine Ottocento – quando ormai la transumanza è una pratica in declino- c’è l’affermazione del primato abruzzese sulla “Daunia vassalla”, che invierebbe ogni anno, con i pastori che risalgono le montagne verso i pascoli estivi, i suoi “umili tributi” all’ “ Abruzzo signore” ( pasta, nocciole secche, capperi, fichi, barili di semola, lana) ( E. D’Orazio. La pastorizia abruzzese cit, p. 48) La pastorizia abruzzese avrebbe dato una parte di senso ad una “provincia – aveva scritto alcuni secoli prima Camillo Porzio – assai giovevole alle altre del regno, ma in quanto a sé […] la più inutile che vi sia ( C. Porzio, Relazione del regno di Napoli al marchese di Mondesciar Viceré di Napoli tra il 1577 e il 1579, in Id., La congiura dei baroni del regno di Napoli contro il re Ferdinando I e gli altri scritti, ac. di E. Pontieri, Napoli, 1964, p.326.
In definitiva pastori e contadini vivevano in un conflitto permanente, in quanto costretti a vivere forzatamente gli uni accanto agli altri, in una condizione dell’esistenza, tra l’altro, molto dura. Il perenne conflitto tra l’abruzzese pastore e il pugliese agricoltore iniziò gradualmente a risolversi quando l’armentario abruzzese, una volta affrancati i canoni, diventò proprietario a pieno titolo di una parte importante delle terre del Tavoliere, cominciò a riservare una quota della superficie, prima riservata al pascolo, per la cerealicoltura e introdusse erbai seminati per l’alimentazione delle pecore.
IL RITORNO IN MONTAGNA
Dopo la Fiera di Foggia, nella prima quindicina maggio, la Masseria tornava in montagna. Prima della partenza al pastore veniva concessa una giornata di libertà, la giornata della CRUSCA, in modo che potesse preparare i “bagagli” per il viaggio di ritorno. Come nella CALATA ( così veniva chiamata in Abruzzo la transumanza ( discesa) verso la Puglia) autunnale prima della partenza verso le montagne abruzzesi, si controllavano le pecore, si contavano, si dividevano in MORRE e la mattina del giorno stabilito, all’alba, si lasciava la LOCAZIONE e si riprendeva il tratturo. Ogni giorno, dopo aver camminato per diverse ore, il gregge si fermava in uno dei riposi sparsi lungo il tratturo. Le pecore venivano munte e rinchiuse negli STAZZI, recinti formati da pali di legno, corde e reti.
Dopo un viaggio di 15- 20 giorni la masseria arrivava nel paese di origine, dove il ritorno diventava una vera e propria festa popolare.
Il giorno dopo la MASSERIA saliva sulla montagna e finalmente il lungo e faticoso viaggio era finito.
In montagna i pastori vivevano in capanne fatte di pietre a secco, chiamate condole, pajare o procoi, a seconda del dialetto. La vita in montagna, per i pastori, era sicuramente piena di disagi, attenuati, però, dal “privilegio” di poter tornare ogni tanto in famiglia. Ogni 15 giorni passati in montagna il pastore aveva, infatti, diritto a tre giorni di riposo a casa (la QUINDICINA).
Alcune rime dialettali abruzzesi fanno ben capire quali fossero i sentimenti contrastanti che legano il pastore alla sua donna, ma anche al suo gregge:
Nen vòglie cchiù la pècura guardà,
pe ‘st’ucchi de mericula rimirà.
Vattenne che nen pòzze remenì,
tu vu cchiù bène alla pècura ch’a mmi.
A ti nen te ce pozza retruvà,
le pècura me dànne da campà.
LA FINE DELLA GRANDE INDUSTRIA ARMENTIZIA ABRUZZESE E LA SCOMPARSA DEI TRATTURI
Questa breve analisi della masseria transumante e della sua organizzazione, ci fa capire l’importanza economica, sociale e culturale che la pastorizia aveva in Abruzzo nei secoli passati. Oggi, l’allevamento ovino in Abruzzo è praticato, invece, in maniera limitata. La distruzione della rete tratturale e la conseguente fine della transumanza a piedi, la ridotta disponibilità di pascoli, che, sia in Puglia che nell’agro romano, sono stati messi a coltura e le mutate condizioni sociali, hanno provocato la fine delle grande industria armentizia abruzzese, fortemente condizionata, inoltre, dalle caratteristiche pedoclimatiche della regione. In Abruzzo, infatti, la disponibilità di pascolo è limitata a qualche mese all’anno e pertanto per i mesi restanti, i pastori, non avendo più a disposizione i pascoli pugliesi o romani, dovrebbero comprare il fieno e i mangimi per le pecore, con costi molto alti, e dotarsi di costose strutture per la conservazione del foraggio e per il ricovero delle pecore… e tutto questo non renderebbero remunerativa l’attività di allevamento.
Una grande perdita, legata alla fine della grande pastorizia transumante abruzzese, è stata la scomparsa dei Tratturi. I Tratturi, meravigliose vie verdi, traboccanti di natura e di memorie di quello che era l’Italia solo pochi decenni orsono: un’Italia , sicuramente più povera e più ingenua, ma più vera e solidale. Cammini, i Tratturi, che, se fossero ancora oggi presenti, avrebbero potuto avere la stessa attrattiva e lo stesso fascino dei grandi cammini di fede europei, come il Cammino di Santiago o la Via Francigena. Cammini laici, i tratturi, ma non meno ricchi di spiritualità e di capacità di suscitare emozioni profonde. Questo immenso patrimonio culturale, ambientale, storico ed economico è stato invece distrutto dall’incuria, dalla cupidigia e dalla mancanza di lungimiranza degli uomini. Oggi del grandioso sistema dei tratturi è rimasto pochissimo, se ne sono salvate soltanto piccole porzioni come quella, bellissima, del tratturo Pescasseroli-Candela, tra Bojano – Sepino, splendido sito archeologico molisano. Al posto delle incredibili vie verdi, ci sono ora grandi strade, agglomerati urbani, boschi e seminativi. Negli ultimi anni la maggiore sensibilità generale per i problemi dell’ambiente e per la riscoperta e il recupero del patrimonio e delle tradizioni del passato, ha coinvolto anche i Tratturi. Attualmente ci sono, infatti, svariate iniziative da parte delle amministrazioni regionali, i cui territori erano attraversati dai tratturi, tese a riscoprire e ridare vita a questo sistema viario che fu così importante nella storia economica, sociale e culturale dell’Italia centro meridionale.
C’è solo da sperare che queste iniziative portino ad una autentica “rinascita” del tratturo e della memoria storica collegata alla millenaria civltà della transumanza.
Sandro ALLEMAND
BIBLIOGRAFIA
“Il pastore, il contadino, il mercato: alle origini della transumanza” di Luciano Arcella. Rivista “SILVAE” – Rivista tecnico -scientifica del Corpo Forestale dello Stato anno I n.2 Maggio- Agosto 2005.
John A. Marino “ L’economia pastorale nel Regno di Napoli” GUIDA EDITORI
Le lunghe vie erbose( Tratturi e pastori del sud) di Italo Palasciano. Capone Editore. 1999
Saverio Russo “Tra Abruzzo e Puglia – La transumanza dopo la Dogana”- Franco Angeli Storia. 2002.
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